Lo sceneggiatore Michael Armstrong (già autore di un cult come La tortura delle vergini, 1970) racconta la genesi di Donald Neilson, illustrando come il copione si basi direttamente sulle testimonianze rese dai protagonisti dei fatti reali.
***
Quando mi fu chiesto di
sceneggiare Donald Neilson, la iena di Londra,
non avevo mai scritto niente basato su eventi reali tratti dalla
cronaca, e sentii che questa sfida sarebbe stata un'ottima occasione
per imparare. Non potevo prevedere, però, l'effetto che questa
esperienza avrebbe avuto sulla mia vita. Fin dall'inizio, io e Ian
eravamo d'accordo che non avremmo sfruttato a fini commerciali
l'aspetto scandalistico della vicenda, mantenendoci accuratamente
fedeli alla cronaca senza però trasformare il film in un
documentario romanzato.
La
domanda fondamentale era “Quali sono state le motivazione di Neilson?”
Pensai che la soluzione migliore fosse che Neilson esponesse le sue
ragioni, in modo che il pubblico potesse ricostruire una propria
verità mettendo a confronto i fatti e l'ottica del protagonista.
Questo implicava che avremmo ricostruito soltanto gli eventi
verificabili, facendo affidamento sulle testimonianze dei presenti e,
soprattutto, sulla deposizione di Neilson durante il processo. Alcuni
testimoni, però, rifiutarono di collaborare con noi. Il fratello di
Lesley Whittle, in particolare, espresse il desiderio di non essere
coinvolto nel film, pregandoci di non disturbare la sua famiglia.
I
mass media avevano coperto abbondantemente il caso, intervistando
anche la figlia di Neilson, così per i dialoghi sviluppai una
tecnica narrativa che spesso citava alla lettera le testimonianze e
le interviste sui giornali. Più procedevamo nella raccolta delle
informazioni e più ci accorgevamo che c'erano due storie che
avrebbero meritato di essere raccontate: quella di Neilson, ma anche
un'altra, che riguardava il coinvolgimento dei media e della polizia.
Con Ian capimmo presto che, dando spazio a questo secondo aspetto,
avremmo penalizzato il personaggio di Neilson. Inoltre avevamo
abbastanza problemi, visto che in molti cercavano di impedirci di
realizzare il film, per cui non era il caso di inimicarsi anche la
stampa e la polizia. Riducemmo al minimo indispensabile la presenza
di poliziotti e giornalisti, anche se speravamo che queste poche
scene fossero comunque sufficienti a suggerire che c'era un secondo
livello, altrettanto inquietante, dietro la storia che raccontavamo.
Per il Natale del 1976 avevamo già una prima stesura completa del copione, di cui consegnai la versione definitiva il 31 gennaio 1977. Il film entrò immediatamente in pre-produzione. Di solito io mi lascio coinvolgere molto durante le riprese, ma il lavoro su questo copione mi aveva talmente disturbato che, al contrario, mi tenni lontano dal set per molti giorni. Più che di scrivere una sceneggiatura, mi era sembrato di redigere un'autopsia. Per dare credibilità a un personaggio, uno scrittore ha bisogno di diventare quel personaggio, e in questo caso cercare di rievocare l'orrore vissuto dalle persone coinvolte fu davvero sconvolgente. Non mi pento di questa esperienza, perché mi ha insegnato molto, ma dubito seriamente che accetterei di nuovo di lavorare su un caso di cronaca nera. Subito dopo l'uscita di Donald Neilson, parecchi produttori mi cercarono infatti per scrivere una sceneggiatura sul caso degli “omicidi delle brughiere”. Dopo l'esperienza su questo film, bastò la sola idea per darmi il voltastomaco.
Per il Natale del 1976 avevamo già una prima stesura completa del copione, di cui consegnai la versione definitiva il 31 gennaio 1977. Il film entrò immediatamente in pre-produzione. Di solito io mi lascio coinvolgere molto durante le riprese, ma il lavoro su questo copione mi aveva talmente disturbato che, al contrario, mi tenni lontano dal set per molti giorni. Più che di scrivere una sceneggiatura, mi era sembrato di redigere un'autopsia. Per dare credibilità a un personaggio, uno scrittore ha bisogno di diventare quel personaggio, e in questo caso cercare di rievocare l'orrore vissuto dalle persone coinvolte fu davvero sconvolgente. Non mi pento di questa esperienza, perché mi ha insegnato molto, ma dubito seriamente che accetterei di nuovo di lavorare su un caso di cronaca nera. Subito dopo l'uscita di Donald Neilson, parecchi produttori mi cercarono infatti per scrivere una sceneggiatura sul caso degli “omicidi delle brughiere”. Dopo l'esperienza su questo film, bastò la sola idea per darmi il voltastomaco.
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