martedì 21 giugno 2016

Black Circle: horror a 33 giri


BLACK CIRCLE: HORROR A 33 GIRI
Coproduzione italiana per il nuovo film di Adrián García Bogliano

Il regista argentino Adrián García Bogliano (Here Comes the Devil) ha iniziato il 17 giugno le riprese del suo nuovo horror, Black Circle, ambientato in Svezia. Il progetto segna il ritorno sul grande schermo dell'attrice Christina Lindberg, icona di culto del cinema exploitation, omaggiata anche da Quentin Tarantino nel suo Kill Bill.

Riconosciuto ormai come una delle promesse del cinema horror, Adrián García Bogliano si è segnalato a livello internazionale con il rape & revenge No moriré sola (2008) e con il “politico” Sudor frío (2010). Il suo è un cinema post-moderno, denso di riferimenti cinematografici e letterari, in cui la reinvenzione dei codici horror si traduce in una poetica d'autore, interessata soprattutto a esplorare le nevrosi della società contemporanea. Nel 2014, in occasione della presentazione di Late Phases, la celebre rivista americana Fangoria ha iscritto il regista nella sua prestigiosa Horror Hall of Fame.

La trama di Black Circle ruota intorno a un fenomeno di possessione demoniaca, collegato a un misterioso disco “motivazionale” inciso negli anni '70, capace di cambiare il destino di chi lo ascolta. Come spiega Bogliano: «Black Circle affronta l'ossessione del successo e il modo in cui la società ci chiede continuamente di rimodellare la nostra identità, trasformandoci in qualcosa di diverso e mostruoso». Lo stile visivo scelto dal regista si ricollega direttamente alle atmosfere vintage evocate nel corso della vicenda, con una parte del film girata in pellicola 16mm. Protagonista femminile sarà la giovane Madeleine Trollvik, già attiva nella serie televisiva Omicidi tra i fiordi (2013), che affiancherà un'icona come Christina Lindberg, celebre in particolare per la sua interpretazione in Thriller (1973).

Il progetto, annunciato quest'anno al Marché du Film di Cannes, è stato finanziato grazie a un accordo di co-produzione internazionale fra Stati Uniti, Inghilterra, Messico, Svezia, Finlandia e Italia, con la partecipazione di distributori specializzati in cinema cult come Mondo Macabro e Klubb Super8. La produzione è realizzata in associazione con Penny Video, società italiana che distribuirà il film nel 2017 nella collana Opium Visions.

Per restare aggiornati su tutti i dettagli, rimandiamo alla pagina facebook di Opium Visions: http://www.facebook.com/opiumvisions/


lunedì 30 maggio 2016

Ian Merrick presenta Donald Neilson




Ian Merrick, regista e produttore di Donald Neilson, la iena di Londra ci racconta in prima persona come nacque il progetto del film. Il video è tratto da un'intervista realizzata appositamente per l'uscita del DVD italiano, disponibile dall'8 giugno.

lunedì 23 maggio 2016

Donald Neilson: dalla cronaca allo schermo


Lo sceneggiatore Michael Armstrong (già autore di un cult come La tortura delle vergini, 1970) racconta la genesi di Donald Neilson, illustrando come il copione si basi direttamente sulle testimonianze rese dai protagonisti dei fatti reali.

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Quando mi fu chiesto di sceneggiare Donald Neilson, la iena di Londra, non avevo mai scritto niente basato su eventi reali tratti dalla cronaca, e sentii che questa sfida sarebbe stata un'ottima occasione per imparare. Non potevo prevedere, però, l'effetto che questa esperienza avrebbe avuto sulla mia vita. Fin dall'inizio, io e Ian eravamo d'accordo che non avremmo sfruttato a fini commerciali l'aspetto scandalistico della vicenda, mantenendoci accuratamente fedeli alla cronaca senza però trasformare il film in un documentario romanzato.
La domanda fondamentale era “Quali sono state le motivazione di Neilson?” Pensai che la soluzione migliore fosse che Neilson esponesse le sue ragioni, in modo che il pubblico potesse ricostruire una propria verità mettendo a confronto i fatti e l'ottica del protagonista. Questo implicava che avremmo ricostruito soltanto gli eventi verificabili, facendo affidamento sulle testimonianze dei presenti e, soprattutto, sulla deposizione di Neilson durante il processo. Alcuni testimoni, però, rifiutarono di collaborare con noi. Il fratello di Lesley Whittle, in particolare, espresse il desiderio di non essere coinvolto nel film, pregandoci di non disturbare la sua famiglia.
I mass media avevano coperto abbondantemente il caso, intervistando anche la figlia di Neilson, così per i dialoghi sviluppai una tecnica narrativa che spesso citava alla lettera le testimonianze e le interviste sui giornali. Più procedevamo nella raccolta delle informazioni e più ci accorgevamo che c'erano due storie che avrebbero meritato di essere raccontate: quella di Neilson, ma anche un'altra, che riguardava il coinvolgimento dei media e della polizia. Con Ian capimmo presto che, dando spazio a questo secondo aspetto, avremmo penalizzato il personaggio di Neilson. Inoltre avevamo abbastanza problemi, visto che in molti cercavano di impedirci di realizzare il film, per cui non era il caso di inimicarsi anche la stampa e la polizia. Riducemmo al minimo indispensabile la presenza di poliziotti e giornalisti, anche se speravamo che queste poche scene fossero comunque sufficienti a suggerire che c'era un secondo livello, altrettanto inquietante, dietro la storia che raccontavamo.
Per il Natale del 1976 avevamo già una prima stesura completa del copione, di cui consegnai la versione definitiva il 31 gennaio 1977. Il film entrò immediatamente in pre-produzione. Di solito io mi lascio coinvolgere molto durante le riprese, ma il lavoro su questo copione mi aveva talmente disturbato che, al contrario, mi tenni lontano dal set per molti giorni. Più che di scrivere una sceneggiatura, mi era sembrato di redigere un'autopsia. Per dare credibilità a un personaggio, uno scrittore ha bisogno di diventare quel personaggio, e in questo caso cercare di rievocare l'orrore vissuto dalle persone coinvolte fu davvero sconvolgente. Non mi pento di questa esperienza, perché mi ha insegnato molto, ma dubito seriamente che accetterei di nuovo di lavorare su un caso di cronaca nera. Subito dopo l'uscita di
Donald Neilson, parecchi produttori mi cercarono infatti per scrivere una sceneggiatura sul caso degli “omicidi delle brughiere”. Dopo l'esperienza su questo film, bastò la sola idea per darmi il voltastomaco.

Michael Armstrong

giovedì 19 maggio 2016

La vera storia di Donald Neilson


Il film Donald Neilson, la iena di Londra è la fedele cronaca di uno dei casi che sconvolsero l'opinione pubblica nell'Inghilterra perbenista degli anni Settanta, riempendo per settimane le colonne dei tabloid. Ripercorriamo per il pubblico italiano le vicende reali da cui prende le mosse la narrazione cinematografica, anticipando che questo resoconto contiene inevitabilmente dei possibili spoiler rispetto allo svolgimento del film.

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Donald Neilson fu negli anni Settanta il criminale più ricercato del Regno Unito. Rapinatore e pluriomicida, responsabile di circa 400 furti in quasi dieci anni di attività, arrivò durante le sue rapine ad uccidere tre persone, prima di pianificare il colpo che più di tutti lo fece balzare agli onori della cronaca: il rapimento dell'ereditiera diciassettenne Lesley Whittle.
Figura inafferrabile, soprannominata “la Pantera Nera”, dalla descrizione che ne fece la moglie di una delle sue vittime (“Vestito di nero e agile come una pantera”), Neilson si sarebbe poi rivelato in realtà un comune padre di famiglia. Nato a Bradford nel 1936, ebbe un'infanzia travagliata, segnata dalla morte precoce della madre e dagli sberleffi dei compagni di scuola, che lo indussero a cambiare il suo cognome da Nappey (simile alla parola inglese nappy, “pannolino”) in Neilson.
Si arruolò presto nell'esercito e si integrò perfettamente nella vita militare. Chi lo conobbe allora l'avrebbe poi descritto come un uomo basso di statura ma atletico ed energico, appassionato di armi e combattimenti. Questa sua passione lo accompagnò evidentemente negli anni, tanto che al momento del suo arresto la polizia trovò nella sua casa un piccolo arsenale fatto di pistole, fucili, maschere ed altri accessori militari. Dopo il matrimonio, Neilson fu però persuaso dalla moglie a lasciare l'esercito, e questa decisione contribuì probabilmente a destabilizzarlo ulteriormente, visto che negli anni successivi si rivelò incapace di adattarsi alla vita civile. Cambiò più volte lavoro e in seguito al fallimento di un progetto imprenditoriale, trovandosi in ristrettezze economiche, iniziò una serie di furti in appartamento, con metodi che andò via via perfezionando e che lo portarono a commettere centinaia di colpi senza mai essere preso.
La sua attività criminale divenne sempre più feroce, arrivando nel giro di tre anni a compiere rapine a mano armata in ben 18 uffici postali, con molte vittime uccise o brutalmente malmenate. Commise i primi tre omicidi nel 1974, durante alcuni tentativi di rapina, ma fu il caso Whittle che fece di Neilson l'uomo più ricercato della Gran Bretagna. Lesley Whittle era la figlia di un noto imprenditore dei trasporti, George Whittle, che aveva lasciato tutta la sua fortuna alla moglie e ai due figli. Nel corso di tre anni Neilson pianificò il rapimento nei minimi dettagli, e la notte del 14 gennaio del 1975 entrò nella casa di famiglia e trascinò via con sé la ragazza. Fece quindi pervenire ai familiari una richiesta di riscatto di 50.000 sterline e rinchiuse Lesley nei cunicoli di un pozzo di drenaggio. Le trattative con la famiglia non andarono a buon fine a causa di equivoci e negligenze, né la polizia riuscì a localizzare il nascondiglio, finché, nove settimane dopo il rapimento, Lesley fu trovata impiccata ad una corda nel fondo di un pozzo a Kidsgrove, nello Staffordshire.
Nel dicembre del 1975, Nielson fu identificato e arrestato dopo aver reagito con violenza ad un normale controllo di routine da parte di due agenti di polizia. Processato, fu condannato a quattro ergastoli. Non uscì mai di prigione, fino alla sua morte nel dicembre del 2011.

Articolo d'epoca apparso su "La Stampa", 10 marzo 1975


venerdì 18 marzo 2016

Maliziosamente... sulla stampa

Flano per l'uscita a Torino (3 ottobre 1974)

Come abbiamo già visto, Maliziosamente uscì in Italia con ben cinque anni di ritardo, approdando in sala a partire dall'estate 1974. Questa circostanza finì inevitabilmente per falsare la prospettiva storica con cui il film fu accolto dal nostro pubblico, tanto più che gli stessi distributori lo presentarono come un epigono di Emmanuelle (film in realtà posteriore rispetto a Maliziosamente).
Una confusione rispecchiata anche nella pigrizia con cui la nostra critica (non) si occupò del film. Fra le poche recensioni, merita un cenno almeno quella apparsa il 16 marzo 1975 su "L'Unità" di Roma, in cui il futuro regista David Grieco individua correttamente gli echi di Godard, Warhol e Polanski, etichettando però il film con la formula quantomeno ambigua di "fumetto pornografico pensante". Nonostante il giudizio tiepido, la lettura in chiave psicoanalitica proposta da Grieco resta comunque senz'altro interessante: "Nella sua sontuosa garçonnière parigina, uno scapolo d'oro di nome Michel (Daniel Vigo) accumula piatti sporchi e frustrazioni. Ha bisogno di una balia. All'inserzione sul giornale risponde Giselle [sic], fragile ragazza di campagna dalle mosse e dai sentimenti tutt'altro che matronali. Michel non sa nascondere un certo disappunto, ma è tuttavia affascinato dall'ingenuità della giovane e la tiene con sé. Dopo i primi approci molto formali, questo vitellone introverso che ha la smania di sentirsi trascurato sottoporrà Giselle (Nathalie Vernier) a un martirio agrodolce: la fanciulla sarà la sua schiava, amante e sorella al contempo nell'amore e nell'odio. Il difetto più evidente va trovato nell'assenza della figura materna che angustia i due personaggi edipici: il disperato rimpianto del grembo tormenta infatti la vicenda sino all'epilogo, come ben due registi (Paul Collet e Pierre Drouot) avevano astutamente previsto".

mercoledì 2 marzo 2016

Maliziosamente... in 35mm



Come anticipato, stiamo ricostruendo il doppiaggio italiano di Maliziosamente nella sua integralità, lavorando su due copie d'epoca, una in 35mm e l'altra in 16mm. Ricordiamo infatti che il film non è mai circolato in Italia in home video, fatta eccezione per una riduzione super8, in cui però mancavano circa 50 minuti di doppiaggio. La colonna italiana da noi ricostruita sarà successivamente sincronizzata sul master video restaurato che ci è stato fornito dalla CINEMATEK belga.

Pubblichiamo, a scopo di documentazione, alcuni fotogrammi tratti dalla copia 35mm italiana, che essendo stata stampata su Eastmancolor ha acquisito negli anni una forte dominanza rossastra (assente invece ovviamente nel nostro DVD):



mercoledì 17 febbraio 2016

Maliziosamente... visto dalla censura


Il lavoro di edizione che svolgiamo per i titoli della nostra collana ci porta spesso a incrociare curiosi documenti d'epoca. Per Maliziosamente, abbiamo rinvenuto due copie italiane (un 35mm e un 16mm), una delle quali dotata del suo visto di censura originale, che pubblichiamo integralmente qui sul blog. Come si può vedere, la censura non richiese tagli particolari, anche perché il distributore era già intervenuto autonomamente sul film, ritoccando il montaggio di alcune sequenze. Molto interessante (ma piena zeppa di spoiler) è anche la trama inclusa nel visto, verosimilmente redatta dallo stesso distributore italiano, che propone una sua inedita chiave di lettura del film.

giovedì 4 febbraio 2016

Collet & Drouot


Paul Collet e Pierre Drouot sono due nomi che forse non diranno molto al cinefilo italiano di oggi. Parliamo invece di una coppia di registi che con la sua produzione iconoclasta ha partecipato a una delle stagioni più libere del cinema europeo, affrontando uno alla volta i principali tabù di una società ancora sostanzialmente perbenista. Poco più che ventenni, fra il 1967 e il 1975 Collet e Drouot realizzano infatti quattro film che contribuiscono a cambiare le regole del fare cinema, rivoluzionando la rappresentazione della sessualità e aprendo le porte a operazioni exploitation come la saga di Emmanuelle.

Paul Collet e Pierre Drouot
I due frequentano la neonata scuola di cinema belga (RITS) a partire dal 1962, ma sull'esempio dei cugini francesi della nouvelle vague decidono di crearsi un sistema produttivo autonomo, lontano dal cinema mainstream. Fondano così una società indipendente, la Showcking, che fin dal nome si ripromette di shockare lo spettatore, proponendo un nuovo modello di cinema che tenga insieme autorialità e spettacolo. Nel 1966, autofinanziandosi, iniziano quindi le riprese di quello che diventerà il loro primo film, Cash!! Cash!! (1967), fotografato dal fratello di Paul, Guido Collet. Impregnato di un gusto ironicamente pop, che guarda contemporaneamente a Godard e al linguaggio della pubblicità, Cash!! Cash!! disegna in completa libertà un ritratto mai visto della gioventù beat di quegli anni, rivelandosi subito un cult generazionale.
 
La rivoluzione sessuale diventa il tema cardine dell'opera successiva, Maliziosamente (1969), che ispirandosi al romanzo Historie d'O. tratteggia un rapporto morboso sull'orlo del sadomasochismo. Il film mette in discussione il confine stesso che separa l'erotismo d'autore dalla pornografia, tanto da causare gravi imbarazzi al Festival nazionale del cinema belga. Nonostante il sostegno della critica più progressista, Maliziosamente viene infatti espulso dalla manifestazione, generando un'accesa polemica che, durante una diretta televisiva, si trasforma addirittura in rissa mediatica. Sull'onda dello scandalo, il film si rivela comunque un grosso successo commerciale, non solo in Belgio, ma anche all'estero, in particolare in Olanda, Svezia e Germania. Sembra del resto che persino un profeta dell'erotismo come Josef von Sternberg, dopo la visione del film, abbia sentenziato "Questi ragazzi sanno fare cinema".
Maliziosamente
Considerati ormai degli autentici enfants prodiges del cinema internazionale, Collet e Drouot vengono coinvolti in qualità di supervisori anche in alcuni progetti altrui, fra cui merita di essere ricordato almeno La vestale di Satana, cult movie horror diretto da Harry Kumel nel 1971. Ma l'attività febbrile come produttori non impedisce alla coppia di tornare presto alla regia, firmando quello che resta il loro capolavoro, Luisa... una parola d'amore (1972), storia di un ménage à trois ambientata nel 1914, sulla falsariga di Jules e Jim. Ancora una volta l'erotismo diventa lo strumento privilegiato per un discorso di critica sociale, all'insegna di una presa di coscienza che va a scardinare i presupposti stessi dell'ipocrisia borghese.

Luisa... una parola d'amore
Il successivo Dood van een non (Morte di una monaca, 1975), inedito in Italia, disorienta invece l'opinione pubblica proprio perché i due registi cambiano tematiche ma non stile, adattando con sguardo laico un romanzo originariamente impregnato di cattolicesimo. Ma è il cinema europeo che nella seconda metà del decennio si avvia ormai a cambiare radicalmente volto, tanto che Collet e Drouot si trovano a dover scegliere strade diverse, cercando ciascuno un percorso individuale: Collet abbandonerà il cinema, tornandovi solo occasionalmente (Close, 1993), mentre Drouot si dedicherà principalmente alla produzione, ottenendo in particolare grande successo con Toto le héros (1991).